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Inferno

Pietro GRILL detto Alamanno

(Göttweig 1430/40 – Ascoli Piceno 1498)
Madonna del Popolo o delle Grazie (1485), particolari dei Diavoli arcieri volanti. San Ginesio, Collegiata, Coro.
Originariamente pala d’altare della cappella del Popolo, patrocinata dal Magistrato di San Ginesio.

Grande tela che s’innesta nel motivo tradizionale delle Madonne contra pestem dei gonfaloni processionali, destinate ad avere una funzione protettiva contro le pestilenze. Rispetto alla tradizione, la variante dell’opera di San Ginesio è rappresentata dalla discriminazione tra coloro che si salvano e pronunciano preghiere alla Vergine, e gli altri che, fuori dal suo manto protettivo, si dolgono della loro mancanza di fede, mentre i due santi protettori, il martire Ginesio e il predicatore domenicano Vincenzo Ferrer, pronunciano nei cartigli le due parole, “cercate in lei la grazia” e “spera in lei, popolo riunito”, che danno nome all’opera, Madonna delle Grazie o del Popolo.

L’originalità della composizione è rafforzata dall’unicum che lo strumento delle calamità inviate sul popolo peccatore è di natura demoniaca anziché divina, come di consueto, ovvero perpetrata da Dio Padre, Cristo o da figure angeliche.
Al di sopra del chiarore emanato dalla cittadella celata dentro possenti mura urbiche, nel profondo di un cielo oscuro, ai due lati del gruppo centrale di Madonna e Santi, al posto degli angeli, sono infatti due gruppi di demoni mostruosi, “diavoli volanti con ali di pipistrello, lunghe code squamate, teste animalesche cornute e dalle lunghe orecchie, che scagliano a mano o con gli archi le frecce, tradizionale simbolo di punizione divina per i peccati degli uomini.” A questo flagello se ne aggiunge un altro del tutto inusuale, “il settimo dei flagelli nell’Apocalisse, ovvero grossi chicchi di grandine lanciati o sputati dai diavoli, da interpretare come peste, ovvero segno della fine dei tempi e del Giudizio Universale”. Ad aumentare la drammatizzazione uno dei diavoli volanti all’estrema sinistra suona un corno da caccia, strumento simbolicamente associato alla guerra e alla caccia.

La Madonna del Popolo è un esempio di felice commistione tra la devozione popolare infiammata dal carisma dei possenti predicatori quattrocenteschi e l’impegno finanziario della Municipalità della Terra di San Ginesio, cioè del Magistrato cittadino che commissiona l’opera, come testimonia lo stesso suo autore che si firma a caratteri maiuscoli, sul bordo inferiore del dipinto, nella scritta incastonata nel mezzo della fascia decorata da un motivo stilizzato di delfini e palmette:

“1485 ultimo giorno del mese di giugno – questa santissima immagine delle Madre di Dio, Maria delle Grazie, fece fare il chiaro Magistrato (Communitas) di San Ginesio a lode e gloria della medesima gloriosissima Vergine e dei suoi santi patroni Ginesio e Vincenzo e per la salvezza dell’intero Popolo (Communitatis) sopradetto. Opera di Pietro Alamanno.”

Purgatorio

Mercurio Rusiolo

(Pittore sanginesino attivo tra la fine del secolo XVI e l’inizio del XVII)
Anime del Purgatorio, San Ginesio, Collegiata, II cappella di destra

Pala d’altare della cappella gentilizia patrocinata dalla insigne famiglia sanginesina dei Severini.
Rappresenta la Madonna che, in quanto madre del Cristo Salvatore, diviene tramite verso il cielo delle anime dei peccatori pentiti, redenti dalle preghiere e dalle opere di bene dei vivi; ; azione rappresentate nella fattispecie dal confratello della Archiconfraternita del S.S. Suffragio, d’ispirazione gesuitica, che tempera la pena dei penitenti gettando acqua sulle fiamme che li avvolgono. [n. d. r.: Immagine trovata e presentata dal prof. Giuseppe Capriotti – Unimc]. La sintesi un po’ ingenua del dipinto rende drammaticamente il contrasto tra le fiamme infernali e lo spiraglio di luce che si apre in cielo.

Il soggetto era del tutto conforme alla sensibilità devozionale post tridentina. Come è noto infatti, il Purgatorio costituiva la questione dottrinale principe nel dissenso tra la confessione cattolica che, ai fini della salvezza dell’anima credeva nel valore delle opere, diversamente da quella riformata, che la giustificava esclusivamente attraverso la grazia, ovvero la “predestinazione per fede”.

Questa opera e le altre di tutta l’impresa delle cinque cappelle di destra della chiesa Collegiata, realizzate nell’arco di tempo che va dal 1589 al 1631, avevano l’intento di riscattare la Terra di San Ginesio dai sospetti del Sant’Uffizio e di cancellare il ricordo delle condanne infertele dal Tribunale dell’Inquisizione, per essere stata patria e rifugio di ‘eretici’ nel trascorso ventennio 1560-80.

Paradiso

Committenze confraternali a pittori esterni

Federico Zuccari

Attribuzione, (Sant’Angelo in Vado 1540 c.-Ancona 1609).
San Ginesio, Collegiata, Pala d’altare della V cappella di destra, Annunciazione (inizio secolo XVII), particolare degli angeli nel drappo.

La bellissima tela, composta “con nitore volumetrico e tecnica qualitativamente sostenuta, avvicinabili ai migliori esempi di pittura romana di fine Cinquecento”, è stata attribuita al pittore Federico Zuccari. Del resto, in basso spicca lo stemma della famiglia sanginesina dei Vannarelli, con grande probabilità donatri- ce dell’opera, e che, in quanto distintasi per alti funzionari presso la Curia romana, aveva la possibilità di accedere al pittore operante a Roma e per la basilica lauretana.

Il soggetto narrato presenta l’Angelo di Dio che annuncia a Maria l’imminente intemerata maternità. Sullo sfondo di un fastoso cortinaggio drappeggiato in volute, s’intravvede, indicato dal messaggero celeste, un angolo di paradiso da dove l’Eterno, contornato da una corona d’angeli, invia alla futura Madre della sua incarnazione terrena la luce della sua volontà attraverso la colomba, simbolo dello Spirito Santo.

Il tema dell’Annunciazione, oltre ad essere contiguo alla dedicazione della stessa Collegiata, si collega all’altro, affrontato dal Malpiedi nella Madonna di Loreto, in quanto l’evento è narrato dalla tradizione come verificatosi nella casa di Nazareth.
Ancora una volta, seguendo l’impresa ideale che aveva animato la necessità stessa delle cappelle della Collegiata, il linguaggio pittorico “aulicamente romano ribadiva la volontà di assecondare le direttive cul- turali e devozionali derivanti dalle legittime gerarchie ecclesiastiche”.

Simone De Magistris

(Caldarola 1538-1613)
San Ginesio, Collegiata, Coro, Madonna del Rosario e santi Domenico, Caterina da Siena e Pietro Martire (1575), particolare dei putti cantori con spartiti musicali.

Commissionata dall’omonima confraternita del Rosario eretta in Collegiata, la splendida tela è il primo impegno del pittore con la committenza sanginesina, che proseguirà con quelle per i Flagellanti di Santa Maria della Pietà (Pietà, 1594), e per il SS Sacramento (trittico Crocifisso, Ultima cena, Ascesa al Calvario, 1598); opere tutte mirabili per alto spessore pittorico e confessionale.

L’opera presente, la prima post conciliare a San Ginesio, inneggia alla Madonna che aveva presieduto alla vittoria dei Paesi cattolici sugli Ottomani, nella battaglia navale di Lepanto del 7 ottobre 1571. Corredato dal prammatico requisito dei misteri della passione, il suo trionfo tra gli angeli del paradiso, tra cui spiccano per grazia e levità i sei magnifici putti cantori con spartito, è assistito da una corolla di santi domenicani, l’ordine religioso di predicatori e di inquisitori. Con questa spettacolare soluzione pittorica e con i programmi iconografici di tenore dottrinario e didattico-didascalico che seguiranno nelle cappelle costruite successivamente in Collegiata, le famiglie più influenti di San Ginesio coglievano l’occasione per manifestare l’adesione a un clima devozionale di segno diametralmente opposto rispetto alle deviazioni eterodosse e alle discordie interne di un recente passato.

Committenze a Domenico Malpiedi

(San Ginesio 1570-75, documentato fino al 1651)

per le cappelle gentilizie della Collegiata e per gli Eremitani di Sant’Agostino

Madonna di Loreto: traslazione della Santa Casa
(fine secolo XVI-inizio XVI), pala d’altare della IV Cappella della Collegiata, particolare degli angeli musicanti.

Mentre fervevano i lavori per la definizione degli spazi interni del grandioso santuario di Loreto, il culto della Vergine lauretana era un forte argomento cattolico, teso a contrastare le accuse di falsità e idolatria che provenivano dagli ambienti riformati, soprattutto a partire dalla pubblicazione del De idolo lauretano di Pier Paolo Vergerio (Tubinga 1554).

L’azione si svolge nell’alto dei cieli, dove molti angeli musicanti, in primo piano alcuni con chitarre, arpa e tromba, altri a cantare le lodi dello spartito e altri ancora appena accennati, accompagnano inneggiando il transito della Vergine e della casa di Nazareth verso Loreto.

Santa Maria Maddalena
(secondo decennio del secolo XVII), San Ginesio, chiesa di Sant’Agostino, particolare dei sei angeli cantori con spartiti musicali

La tela rappresenta Maria di Magdala, la peccatrice salvata da Gesù, convertita dalla sua predicazione, e avviata sulla via di una incrollabile fede. A dimostralo, la sua adorazione al Cristo crocifisso che per volontà del Padre Eterno è venuto al mondo, uomo tra gli uomini, in una stalla, nella condizione più umile che l’uomo possa immaginare, onde far conoscere al mondo la misericordia e l’amore di Dio. Sul buio della condizione umana irrompe la luce del cielo risuonante della voce degli angeli che cantano salmi di gloria, come sicuramente facevano i dotti padri agostiniani durante le funzioni religiose.

Il battesimo di san Ginesio
(1630-31), San Ginesio, chiesa Collegiata, particolare dei due angeli che nel turbine di nuvole indicano con una freccia un libro sacro

Nel 303, quasi alla fine del periodo più feroce delle persecuzioni condotte contro il cristianesimo dall’impero romano, Genesio, mimo e musico romano, fu martirizzato perché, mentre si esibiva al cospetto dell’imperatore Diocleziano, fu toccato dalla grazia di Dio e si rifiutò di ridicolizzare in scena il sacramento del Battesimo.

La grande tela rappresenta il momento della conversione. Gli attori, in costume, sono sul palcoscenico ai piedi dell’Imperatore, mentre in alto s’apre uno squarcio tra le nuvole, da dove gli angeli del Signore indicano con una freccia un libro sacro, probabilmente il Nuovo Testamento.

Altre testimonianze d’ispirazione post-tridentina, dove Trionfi di Angeli immersi nella luce divina si affacciano da nuvole, tra la terra e il cielo

Domenico Malpiedi

(San Ginesio 1570-75, documentato fino al 1651)
Ascensione, poi detta Madonna della Misericordia, San Ginesio, chiesa Collegiata, cappellone della Madonna della Misericordia, particolare del volo d’angeli al Signore

Una folla di uomini di fede e donne pie assiste all’assunzione in cielo di Maria, dove l’attende il Figlio che, su uno sfondo di creature angeliche, è circondato dalle nove gerarchie di Angeli, disposte in senso ascensionale.
Questa pala d’altare fu protagonista di due miracoli: il 20 luglio 1796 e il 19 giugno 1850 gli occhi della Vergine furono visti muoversi, provocando un sì grande afflusso di fedeli e di offerte, da suggerirne una sistemazione più confacente rispetto alla precedente. Per questa ragione le fu eretto un cappellone nella navata di sinistra della chiesa, dirimpetto all’altro cappellone dedicato al miracoloso Crocifisso degli Esuli, eretto poco più di un secolo prima dalla confraternita del SS. Sacramento.

Andrea Boscoli

(Firenze 1560 – Roma 1607)
Assunzione di Maria con i Santi d’Assisi, Francesco e Chiara, e san Pietro (1605), San Ginesio, chiesa di San Francesco, II cappella di sinistra

La chiesa dei Minori francescani, oltre ad essere venerato tempio sacro, aveva accolto nella sua ampia aula le riunioni più significative della Comunità, tra queste l’accettazione dell’infeudamento dei Varano (1367) e la presentazione dello Statuto cittadino (1577), alla vigilia dell’autorizzazione dei Superiori alla stampa. Nel nuovo fervore devozionale, l’ordine francescano ricorre al manierismo fiammeggiante del noto pittore fiorentino di sincera devozione controriformistica operante in quegli anni nelle Marche. Maria ascende al cielo accompagnata da un tripudio d’angeli che vengono nella luce abbagliante del Signore. Assistono al miracolo i due santi francescani, san Francesco e santa Chiara, mentre sull’altro lato è “un monumentale san Pietro che stringe in mano, in grande evidenza, il libro e le chiavi, simbolo dell’autorità teologale e papale”.

Filippo Bellini

(Urbino 1550c. – Macerata 1603) o

Federico Barocci

(Urbino 1535-1612)

attribuzioni
Madonna in trono tra san Gregorio, san Giovanni Battista, san Francesco e santa Caterina (1599?). Particolare con una gloria di piccoli angeli e cherubini eterei come nuvole intorno al monogramma di Cristo, affiancato da due angeli maggiori. Chiesa di San Gregorio Magno.

Anche questa chiesa sanginesina sentì il bisogno di adeguare ai nuovi precetti tridentini l’iconografia della sua pala d’altare, che commissionò a un pittore della nuova generazione, tra quelli cresciuti nelle botteghe che lavoravano in Roma e per Roma.
Davvero suggestiva questa pala d’altare che in puro stile manieristico rappresenta un soggetto tradizionale, la Madonna in trono con Bambino e Santi. A guardar bene, i due grandi Angeli del Signore che sormontano l’insieme, aprono la vista su una originalissima dissoluzione nella luce divina di creature angeliche che roteano intorno all’acronimo di Cristo, IHS, sormontato dalla croce.

Guglielmo Ciarlantini

(San Ginesio 1881 –1959)
Cupola con angeli (1911), San Ginesio, chiesa Collegiata, cappellone del Crocifisso degli Esuli

La decorazione a encausto rappresenta l’intervento più importante del pittore sanginesino in quella che fu la campagna di restauro e decorazione di tutte le cappelle della Collegiata da lui stesso progettati a partire dal 1909. Lo stile generale riassume ed esalta le sue esperienze con il Pre-Raffaelismo, il Purismo e il Liberty.

“La cupola è divisa in otto spicchi delimitati da candelabre con racemi di vite e grappoli d’uva che si dipartono da un vaso, alla cui sommità trovano posto dei puttini disposti agli angoli dell’ottagono della lanterna che si apre al centro della volta. Sette spicchi ospitano un angelo orante … mentre in basso si trova una ghirlanda con fiori e frutta da cui fuoriescono dei nastri intrecciati con un decorativismo di chiara ascendenza Liberty.” L’ottavo spicchio, quello sopra l’altare, rappresenta “due angeli dolenti con i simboli della Passione”. Il tema della Passione di Cristo è il fil rouge che lega l’opera moderna al preesistente trittico di opere di stretta osservanza post-tridentina, Ultima Cena, Crocifisso, Ascesa al Calvario, eseguite nel 1598 dal pittore Simone De Magistris.

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