Rievocazioni storiche
Palio di San Ginesio
Negli atti antichi si parla sempre della festa di S. Ginesio romano, sotto la cui custodia il nuovo castello era stato posto.
Nell’anno 1171 la festa del protettore S. Ginesio mimo romano, si celebrava dal popolo sanginesino, infatti in tale anno i canonici della Collegiata Giberto, Attone, Burgarello, Guidone, e Morico Picarelli ricevono una obbligazione da Pietro Barongello di un canone da rispondersi il giorno della festa di S. Ginesio.
Nell’anno 1221 il pievano Guidone riceveva un canone d’incenso per la festa di S. Ginesio da pagarsi ogni anno da Companione di Attone.
La festa si celebrava sontuosamente a spese della Municipalità sanginesina, secondo un rituale stabilito dall’uso e un protocollo confermato dallo Statuto del 1582.
Il 25 agosto era un giorno solenne per il popolo e per le istituzioni laiche ed ecclesiastiche. Si vestivano di abiti magistrali il Podestà, i Priori con tutti famigli; intervenivano in forma solenne i Massari dei castelli Ripe e Morico; le vicine comunità mandavano i trombettieri. Tutti, unitamente al capitano della fiera, intervenivano ai vespri solenni, e il giorno seguente alla messa solenne, offrendo il pallio ed un cero alla chiesa collegiata. Ogni persona di qualunque ceto e condizione indossava i vestiti migliori; e lo stesso Municipio, dopo la messa solenne, imbandiva un lauto banchetto, in cui sedevano il Capitano della fiera, i Difensori e i Trombettieri forestieri incaricati dai rispettivi Municipi per onorare la festa.
La festa di S. Ginesio era preceduta da quattro giorni di fiera e seguita da altri quattro per concessione e munificenza del Card. Andrea di Perugia con bolla 15 ottobre 1386.
Il Consiglio generale eleggeva il Capitano della fiera 15 giorni prima della festa. A tale carica veniva designato sempre uno dei primari cittadini sanginesini, entro il numero degli eleggibili del Consiglio Generale.
Il Capitano doveva risiedere nel palazzo defensorale. Egli nel giorno della festa e negli otto giorni della fiera aveva il supremo comando; a lui spettava la decisione di qualunque vertenza in genere di mercatura. Era sempre accompagnato da trenta soldati, doveva sempre stare nel palazzo dei Priori senza mai tornare a casa sua. Poteva fare leggi, promulgare manifesti, dettare ordini.
Il Capitano sceglieva un suo vicario, il quale doveva sempre andare a cavallo per la fiera accompagnato e scortato dall’armata di Ripe e di Morico; e questi doveva sedare le discordie, le risse, tutelare i contratti. All’entrare in officio il Capitano della fiera dovea innanzi ai Priori e al Cancelliere giurare e promettere, tenendo la mano sopra i Vangeli, di osservare le leggi dello Statuto, di governare in pace i Sanginesini, di pronunziare le cause secondo il merito e la coscienza, di usare in un compito così delicato qualunque riguardo nei confronti di chiunque.
I Priori o i Difensori dovevano anche adunare il Consiglio generale per provvedere alla festa del Martire S. Ginesio, e dovevano provvedere che i collegi degli Avvocati, dei Notari, Procuratori, Negozianti e tutti coloro che esercitavano un’arte a Sanginesio offrissero un dono con la insegna del Collegio cui appartenevano, in onore del Protettore alla chiesa Collegiata. In caso di non osservanza si dovevano applicare le pene sancite dallo Statuto.
La festa di San Ginesio era prevista e regolata dagli Statuti municipali. La studiosa Anna Maria Corbo, nella monografia San Ginesio e la tradizione musicale maceratese tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘500: giullari, suonatori e strumenti musicali (San Ginesio 1992), analizzando «documenti trascritti dai registri di Introitus et exitus del Camerarius della Comunità e…conservati nell’Archivio Storico del Comune di San Ginesio» offre una selezione di annotazioni di «expense facte in festo Sancti Genesij» dal 1369 al 1511 «per meglio seguire i mutamenti sia in relazione agli strumenti che alla provenienza dei suonatori». Il primo documento di spesa dice: 1369 luglio-agosto <«Item dedit et solvit (dictus camerarius) tubatoribus, ciaramellis, tamborinis et alijs sonatoribus qui venerunt ad festum Sancti Genesij,…secundum formam Statutorum dicte terre…».
OGGI
Il Palio di San Ginesio viene disputato e assegnato dal 1970. All’inizio i due Tornei di destrezza si svolgevano insieme a Ferragosto. Successivamente la manifestazione è stata suddivisa negli otto giorni in cui, tradizionalmente, si dipanava la Festa di San Ginesio presso il “Campo del Palio” di Porta Picena:
il primo, la Giostra dell’Anello ha luogo il 13 agosto, in notturna
il secondo, il Palio della Pacca ha luogo nella giornata del 15 agosto
La giostra dell’Anello
La giostra dell’anello è una prova di grande abilità. I cavalieri delle quattro Contrade gareggiano cercando di centrare prima e asportare poi con una lancia una serie di tre anelli sospesi precariamente ad un palo. Contano il numero degli assalti e la velocità del cavaliere. Vince il più abile e il più veloce. La giostra è seguita da un pubblico che tifa per il proprio campione e cerca di deconcentrare i cavalieri avversari con urla e mezzi non sempre corretti. Il cavaliere che ha raccolto il maggior numero di anelli nel tempo minore e con il percorso più pulito è il vincitore del Palio.
Durante la competizione la Municipalità assiste dal campo, mentre le dame, le fanciulle e i figuranti partecipano al tifo dal loggiato superiore dell’Ospedale dei Pellegrini. I vari assalti sono scanditi dal rullio sempre più frenetico dei tamburi e dal suono acuto delle chiarine.
il secondo, il Palio della Pacca
Quattro cavalieri, ciascuno in rappresentanza delle quattro Contrade di San Ginesio, Alvaneto, Ascarana, Offune e Picena, si contendono la PACCA (cioè la porchetta) in un torneo che consiste nel centrare lo scudo del SARACENO (cioè la sagoma di un cavaliere) nel corso di assalti portati a grande velocità e seguendo un percorso tortuoso.
La pacca, è il trofeo della Contrada vincente e viene consumata nel corso dei festeggiamenti dei contradaioli.
La contrada con il punteggio tra la Giostra dell’Anello e il Palio della Pacca si aggiudica il “Palio di San Ginesio”.
Il vincitore, alla testa del corteo storico e dei tifosi della sua Contrada, si avvia verso la piazza centrale dove gli verrà consegnato il Palio. Dopo un giro d’onore per raccogliere gli applausi, il corteo rientra nel Palazzo comunale e comincia la festa popolare.
Quella della festa del 15 agosto è una celebrazione complessa che inizia al mattino e finisce alla sera. Vi partecipano oltre 200 figuranti in costumi tardo-medioevali, ricostruiti fedelmente nei tessuti, nella tintura e nella foggia.
Il Corteo della Municipalità che parte al mattino dal Palazzo comunale, è aperto dalle chiarine e dai tamburi. Seguono nell’ordine Portagonfalone e Gonfaloniere, i quattro Priori delle Contrade, il Notaio dei Crimini, l’Avvocato, il Dottore e il Procuratore della Municipalità. Vengono appresso il Capitano della Fiera, il Podestà, il Cancelliere, il Notaio del Monte di Pietà, il Chirurgo, il Maestro di Scuola, il Dativario, il Massaro. Chiudono il corteo i quattro comandanti, l’uomo del Banco dei Pegni, il Pesatore, i quattro custodi delle Porte, il Baiulo, il Bombardiere e gli Armigeri.
Il Corteo si snoda lungo la piazza e si reca in Collegiata per assistere alla Santa Messa. Il sacerdote officiante benedice il palio. Il palio originariamente era un taglio di stoffa. Al giorno d’oggi è uno stendardo, solitamente dipinto da un artista ginesino. Esso sarà assegnato alla Contrada che vincerà il Palio di San Ginesio.
La Battaglia tra Ginesini e Fermani
«In seculis apparuit ut in scriptis publicis a memoria patrum filiis tradita.»
(Venne riportata nella storia ufficiale perché ne fosse tramandata memoria di padre in figlio).
Dai manoscritti di Francesco Majolini (cc. 130 – 131) e di Paolo Ciampaglia (c. 189r.), entrambi traduzione del manoscritto Historiae Genesinae di Marinangelo Severini (L. VII, cc. 194v. – 195r.).
oggi
La rievocazione si svolge la sera del 31 luglio, a Porta Picena, o Porta Nuova.
Si tratta dell’avvenimento iconico, che celebra la virtù comunale per eccellenza di San Ginesio, e si riferisce ad un episodio della guerra tra Ginesini e Fermani, occorso nella notte del 30 novembre 1377 e immortalato per volontà della Municipalità nel celebre quadro omonimo.
La rievocazione è particolarmente suggestiva in quanto viene ricreata una fedele ambientazione tardo-medioevale nel Borgo, all’interno della Porta Picena, e gli armati delle due parti sono vestiti come i personaggi del quadro.
In questo contesto, prima della battaglia, vengono allestite botteghe, osterie e addirittura un lupanare; vengono riproposti gli antichi mestieri del conciaio, del tessutaio, del tintore e del forgiatore. Intervengono cantori e giocolieri, giovani donzelle inanellano carole leggiadre, viene insomma riprodotto, per quanto possibile, un sereno momento della vita del Comune.
Ma all’improvviso l’incanto si spezza sotto il proditorio, inaspettato attacco dei Fermani.
Infatti, una masnada di uomini d’armi e soldati di ventura sta attaccando a tradimento i Ginesini.
Solo una piccola fornaia si accorge del pericolo e avverte che i nemici sono penetrati in città. L’allarme salva la Comunità.
La battaglia è cruenta, ma alla fine i Ginesini hanno la meglio. Sconfiggono, mettono in fuga e inseguono i nemici e fanno molti morti sul campo, tanto che da quel momento il luogo fu chiamato Pian del Sangue.
Ritorno degli esuli
Per questa sedizione ebbero l’esilio intorno a 300; ed i loro beni si diedero al Fisco, lasciando dunque il nativo terreno, guidati dalla Fortuna arrivarono a Siena dove accomandatisi alla Guardia della Città per più mesi l’ebber fedelmente servita con modestia tale, che si tirorno l’attenzione di quei Cittadini.
Or un giorno domandati da essi senesi de’ più Vecchi, se da qual luogo traessero l’origine e perché sì gran tempo fussero dimorati in quel Presidio, risposero che tutti erano Genesini per le parzialità banditi della Patria senza speranza di farvi più ritorno.
Ed in contar ciò mostravano sì grande afflizione, che non mancò chi li consolasse, e chi li esibisse la sua opra a Loro pro’; onde ebbero tal compassione alle loro miserie che nel Publico fecero eleggere ambasciatori per mandarli a Sanginesio, per trattar la pace, e comporre le cose loro, quali col consenso delli sudetti Banditi che lacrimavano per allegrezza si portorono alla nostra terra e tanto poterono, ed oprorono con la loro autorità e con la facondia del dire che il negozio fu rimesso totalmente nel loro arbitrio senza veruna discrepanza.
E con sì gioconda novella ritornorono a Siena da’ Banditi, i quali tutti insieme ebri per la smisurata gioia con gli istessi Ambasciatori fecero partenza verso la Patria, portando seco una croce di legno coll’Immagine del Crocefisso, la quale ancor oggi si riverisce con grandissima divozione nella Pieve.
E sopra di questa giunti al bramato suolo paterno fatta la pace tutti giurorono perpetuamente conservarla, sendo celebrate le Cerimonie Cristiane con sommo ed ugual giubilo nella Chiesa principale, ed allà li Ambasciatori diedero al nostro Comune molte leggi, e Statuti della lor Città appartenenti allo Stato pontificio, ed al ben vivere».
Dalla traduzione di Francesco Ciampaglia (1581 c.) del manoscritto Historiae Genesinae di Marinangelo Severini (seconda metà XVI sec.) nelle annotazioni al Ciampaglia di Telesforo Benigni, cc. 374, 378, manoscritto sec. XVIII, presso Biblioteca Comunale.
OGGI
La rievocazione del Ritorno degli Esuli si svolge ogni tre anni in una delle due settimane centrali del mese di giugno
Questa è la più antica rievocazione di San Ginesio. La rappresentazione storica si svolge dal lontano 1963 e si associa alle celebrazioni religiose triennali del Crocifisso di cui si ha notizia dal 1730.
Nel 1730, infatti, San Ginesio fu scossa da un fortissimo terremoto che sorprese la popolazione nella chiesa dei Chierici (S. Maria in Vepretis) mentre era in venerazione dell’antico Crocifisso senese, portato in processione presso quella chiesa.
Contrariamente a quello che successe in tutta la Marca, a San Ginesio non ci furono danni. Se ne attribuì il merito al Crocifisso miracoloso e si decise che ogni tre anni, nell’arco di una settimana, dovesse visitare tutte le chiese maggiori di San Ginesio.
Il Crocifisso era stato portato dagli Esuli che rientravano da Siena dopo aver ottenuto il perdono dei Ginesini. Accompagnati da ambasciatori senesi, essi fecero il loro ingresso da Porta Picena e vennero accolti a braccia aperte dagli antichi avversari. Gli Esuli portavano con loro anche gli Statuti senesi, sui quali i Ginesini promisero di esemplare il loro nuovo Statuto.
Tutto ciò accadeva tra il 1450 e il 1460. La rievocazione storica ripete tutte queste vicende, mescolando suggestivamente il lato sacro al lato profano.