NINO RICCI. 1960-2015 | LA SINTESI DELLE FORME

San Ginesio 30 luglio – 30 settembre 2022
Loggiato dei Lumi, Via Giacomo Matteotti

Presentazione della mostra

a cura di Barbara Martorelli

La sintesi delle forme

Nino Ricci 1960-2015

San Ginesio 30 luglio – 30 settembre 2022
Loggiato dei Lumi, Via Giacomo Matteotti

Misura, equilibrio, armonia, compostezza: queste sono le parole più immediate e ricorrenti quando si prova a descrivere l’opera di Nino Ricci.
L’idea di questa mostra è nata oltre un anno fa da una serie di incontri con Nino Ricci e il fratello Luigi. Nino era entusiasta all’idea di esporre il suo lavoro a San Ginesio, un luogo che durante gli anni d’insegnamento nello storico Istituto Magistrale “Alberico Gentili” aveva apprezzato per la vivacità culturale in quegli Anni ’60, animati anche dalla presenza dell’intellettuale e storico professor Febo Allevi, col quale aveva continuato ad intrattenere nel tempo frequentazione e conversazioni cólte. Lo motivava inoltre il fatto che lo spazio destinato alla sua mostra monografica, il Loggiato dei Lumi, sedesse di rimpetto all’ex cenobio agostiniano, sede delle aule dell’Istituto.

A così pochi mesi dalla scomparsa di Nino Ricci non è facile organizzare una mostra costruendo quel giusto equilibrio tra la storicizzazione del suo lavoro e l’aura magica del suo universo ancora incredibilmente vivo nell’empatia degli amici e in quella specie di museo intimo di cose e oggetti che si è lasciato dietro, e che si respira nella sua casa dI Macerata dal giardino pensile che, tra i ramaggi di sangue della bouganville e i verdi dissonati di rampicanti, spazia lungamente tra i volumi geometrici delle case della sua città e le rotondità sfumate d’azzurro dei Monti Sibillini.

Nonostante ciò, nell’ambulacro del Loggiato dei Lumi le decadi vissute nell’arte sembrano srotolarsi, quasi fossero una timeline visiva dove ogni opera sembra trovare naturalmente il suo posto e la sintesi delle forme pare disvelare un’evoluzione organica.

Il colpo d’occhio di fronte all’opera di Nino nel suo complesso parla di armonia delle palette di colori, di ricerca formale, di tensione continua verso un equilibrio razionale, il tutto coniugato con il sapiente uso delle tecniche, e dei materiali progettati a loro supporto.

Uscendo dalle espressioni e dalle ricerche formali degli Anni ’50, il pennello dell’artista si riduce a pura tecnica pittorica, dove è il colore stesso a costruire l’architettura dell’opera. I quadri di Ricci non raccontano, ma restano a disposizione dello spettatore.

Gli Anni ’50 anni sono stati importanti per la sua formazione. Esortato dal padre, Nino Ricci ha frequentato la Scuola del Libro di Urbino che in quegli anni era indubbiamente l’istituzione più importante in Italia per la grafica editoriale, l’illustrazione e l’incisione. Gli insegnamenti ricevuti lo accompagneranno poi costantemente lungo tutta la sua attività artistica.

Successivamente la sua formazione e la ricerca del suo segno proseguono prima presso l’Accademia di Belle Arti di Roma nella sezione scenografia, dove ha avuto come insegnate il conterraneo Sante Monachesi; poi come borsista al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.

Al ritorno da Roma, nel 1954, incontra Osvaldo Licini in occasione della Mostra Nazionale d’Arte Astratta organizzata in collaborazione con la Brigata Amici dell’Arte. Un altro incontro fondamentale fu quello con Jean Fautrier alla XXX Biennale di Venezia, grazie al quale, negli Anni ’60, Ricci decise di unirsi al Gruppo Levante.

Con Ciucci, Ferraioli, Peschi, Tulli e Nerpiti ha poi partecipato all’importante mostra monografica a Palazzo Strozzi di Firenze del 1963, organizzata dalla Galleria Numero diretta da Fiamma Vigo.

Gli Anni ’60 hanno portato a una misurata ricerca dell’ordine, teso ad un astrattismo geometrico dall’assetto scenografico dove l’indagine estetica, attraverso un processo di riduzione e scomposizione della realtà, è volta da subito a cercare l’equilibrio tra la bidimensionalità delle forme e la tensione nelle linee (n.981,982,990),.

Sulla tela vengono portate forme, linee e colori volutamente ridotti all’essenziale e disposti secondo uno schema geometrico che è totalmente scevro da significati allegorici. È possibile rintracciare nei quadri l’indagine condotta dall’artista sulla forma e sul contenuto. La precisione a prima vista matematicamente perfetta dei lavori di questi anni nasconde, in realtà, un universo di piccole volute alterazioni, perché la tela vuole essere rappresentazione grafica di un’emozione, di un sentimento.

Dagli Anni ’70 in poi l’artista si avvicina a un nuovo formalismo geometrico dove il volume e la sua la solida tridimensionalità diventano essenza pura. Il formato delle tele, ora quadrato e capovolto, secondo la lezione di Max Bill e Richard Paul Lhose, accoglie toni e palette più audaci e pop che presentano forme e geometrie molto diverse dalle opere precedenti (244,289).

L’artista sperimenta quasi ossessivamente tutte le possibili variazioni e le differenti iterazioni intorno allo stesso modulo, così da poterne calibrare ogni volta nuovi equilibri attraverso le diverse soluzioni cromatiche e i dialoghi tra le continue intersezioni.

Per gran parte degli Anni ’70 e buona parte degli anni ’80, il formalismo geometrico accompagna tutto il lavoro di Nino Ricci. Nel 1984 chiude con l’insegnamento per dedicarsi interamente all’attività artistica, e viaggiare in compagnia dell’amata moglie Stefania.

In particolare, un viaggio a Praga nell’estate del 1986 ha segnato una svolta importante nella sua carriera artistica. La visione delle lapidi del Cimitero ebraico della città si rivela infatti un’epifania per l’artista, ispirandogli una nuova serie di lavori che diventeranno presto iconici nella produzione degli anni successivi.

Da quel momento un nuovo umanesimo avvolge le sue opere. Le linee rincorrono una nuova morbidezza e plasticità. I volumi non rispondono più ai canoni classici geometrici e matematici, ma si innalzano ad una nuova dimensione eterea e atemporale, perdendo peso e staticità.

Per utilizzare le parole di Giuseppe Appella: “Le rovine – l’oggetto totemico interpretato ed espresso tra il 1989 e il 2002 – si dilatano al di là del proprio fenomeno. Superano la loro apparenza di natura morta, si dispongono secondo la frequenza della simmetria e dell’allineamento, delle presenze e delle direzioni, quasi sempre orizzontali, intraprese con improvvise impennate verticali e una quantità di energia pari all’indirizzo cadenzato, allo sviluppo del movimento tra piano e contropiano.

Le Nature o Volumi popolano le tele dell’artista per oltre un ventennio. La loro composizione è il risultato di meticolosi studi sull’impatto della luce e, quindi, delle ombre sulle superfici dei tagli che l’artista studia attraverso maquettes preparatorie, anch’esse presenti in mostra.

Negli stessi anni, in acquarelli, pastelli, carboncini, grafiti e nell’incisione viene applicata la stessa ricerca sul volume che, grazie a un sofisticato tratteggio, intensifica e riporta nella stampa il gioco di luci e ombre.

Ad interessare l’artista, oltre allo studio puntiglioso della tecnica, è anche la raffinata conoscenza dell’uso della carta nelle tecniche artistiche, per le quali nel 1992 si trovò a scrivere un trattato insieme a Luigi Teodosi dal titolo: In Chartis Fabriano, con l’introduzione di Vanni Schewiller.

Il Loggiato dei Lumi

L’ambiente a loggiato che ospita la mostra fu eretto nel 1889 e identificato subito come Portico dei Lumi dalla Madonnina dei Lumi alloggiata in una piccola nicchia posta tra le grandi arcate del fronte.

L’elegante costruzione veniva a delimitare il giardino dei conti Morichelli D’Altemps dalla parte dell’antico monastero benedettino, mentre dall’altra fronteggiava il cenobio di Sant’Agostino, recentemente demaniato dalle leggi del Regno d’Italia.

La sapienza e il senso dell’ornato degli Amministratori del secondo Risorgimento intesero proporre a ridosso di quel muro nudo un ornamento esteticamente appagante che, posto a metà quota del
centro urbano, richiamasse da un lato il doppio loggiato dell’Ospedale dei Pellegrini, e dall’altro annunciasse il modulo architettonico del portico del Teatro comunale, orgoglio cittadino di recente
costruzione.

All’epoca della costruzione del Loggiato la strada principale che portava alla piazza maggiore, da poco intitolata al giurista e ideologo umanista Alberico Gentili (San Ginesio 1552-Londra 1608),
non passava di lì, ma rasentava l’adiacente complesso eremitano dalla parte della fiancata laterale della chiesa di S. Agostino.

I primi grandi lavori di pianificazione urbanistica post unitari erano infatti appena conclusi, riguardando innanzitutto il Teatro comunale e le strade d’accesso alla cittadina; mentre era in elaborazione travagliata lo studio per una nuova, ampia strada d’accesso al centro, una strada urbana adatta alla dignità del luogo e alle nuove esigenze del traffico. Questa, una volta realizzata, andò a lambire il

Loggiato dei Lumi fino ad innestarsi nel Corso Scipione Gentili (San Ginesio 1563-Altdorf di Norimberga 1616), anch’esso creato facendo arretrare le facciate delle case che l’affiancavano fino alla piazza.

Nei successivi cento e più anni il Loggiato dei Lumi ha avuto diverse destinazioni d’uso, finché con il restauro conservativo del 2020 è stata progettato e attrezzato quale spazio espositivo, idoneo ad
accogliere anche piccole riunioni.

Le foto dell' inaugurazione

Crediti nel catalogo

Comune di San Ginesio
Sindaco
Sig. Giuliano Ciabocco

Una comunità legata ai valori dell’arte e della cultura, centro di istruzione superiore che ha ospitato generazioni di professionisti, offre ad un vasto pubblico la prima mostra retrospettiva di Nino Ricci.
È nelle ricche raccolte di tesori artistici che si può ripercorrere le vicende dei “sanginesini”. L’omaggio a Nino Ricci è significativo anche in nome della sua presenza operativa in loco nella seconda metà del secolo scorso.

Unione Montana dei Monti Azzurri
Presidente
Sig. Giampiero Feliciotti

Nino Ricci si è sempre speso per le comunità montane. Dall’insegnamento del disegno nei primi anni ’60 alla Scuole Medie di Visso alla storia dell’arte alle Magistrali di San Ginesio.
Conosciamo i suoi ricordi carichi di emozioni di quelle esperienze vissute.
La scelta di non lasciare il territorio maceratese gli ha consentito di costruirsi un’originale stile e visione del mondo.
Il ritorno con questa mostra a San Ginesio è il riconoscimento al suo impegno e alla sua creatività.

Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo
Presidente
Ing. Giorgio Girotti Pucci

Come si afferma il valore dell’operato di un’artista? Con un continuo impegno alla ricerca e alla creatività.
La viva presenza nel territorio marchigiano, il continuo scambio con artisti e intellettuali ha contribuito alla originale personalità dell’artista, ben rilevabile anche nelle sue opere raccolte nella collezione della Fondazione.
Il suo interesse per la comunità di artisti e intellettuali fermani si è protratto costantemente per più di mezzo secolo, senza interruzioni.

Centro Internazionale di Studi Gentiliani
Presidente
Prof. Luigi Lacchè

Un intellettuale-artista, raffinato, poliedrico e incredibilmente coerente, tra i più importanti del secondo Novecento “incontra”, nella prima mostra dopo la sua recente scomparsa, la figura di Alberico Gentili e il suo mondo, quello di un “provinciale” che raggiunge orizzonti globali. Il Cisg e Nino Ricci: un sodalizio inaspettato ma necessario, carico di ammirazione e di valori comuni.

Ginesio Fest
Direttrice
Dott.ssa Isabella Parrucci

Le Arti sono espressioni universali dello spirito che dal confronto traggono ispirazione e inesauribile vitalità.
Un progetto di “rinascita” culturale come quello che anima il Ginesio Fest non può esimersi dal voler rendere omaggio ad un grande pittore marchigiano conosciuto ed apprezzato nel mondo in un contesto ideale che chiama a confronto e riconosce il pregio e i meriti dell’arte teatrale nel nome del musico e mimo Genesio, martire cristiano, e protettore eponimo della suggestiva cittadina di San Ginesio.